Canti Gregoriani 3 - Monastero di Sorres

Vai ai contenuti

III DOMENICA di quaresima
220320
Oculi mei semper ad Dominum
salmo 24, 15
Siamo ormai immersi in una prova che ci permette di verificare la funzionalità dei nostri occhi. Scene inedite e raccapriccianti appaiono impreviste e si fissano indelebili nella memoria. Siamo costretti a fare i conti con i nostri sensi, abituati a bighellonare nella certezza, fasulla e ovvia, di non essere provocati e costretti a uscire dal bozzolo neutrale delle nostre abitudini. È giunta l’ora di abbandonare l’irrealtà artificiale e prendere coscienza del mondo reale. Fuori di noi, dentro di noi.
Attraverso lo sguardo riusciamo a prendere contatto l’uno con l’altro. Attraverso l’incrociarsi degli sguardi ogni persona può scavalcare un muro, altrimenti invalicabile, ed entrare dentro il suo prossimo. Fino nel profondo abisso del cuore. Ciò non elimina il rischio che tutto si risolva in un anonimo fugace passare accanto, senza che ci sia una comunicazione di condivisione.
           Occhio e orecchio presentano un complesso labo-oratorio anatomico e hanno una precisa funzione fisiologica. Vista e udito si possono comprendere se ci si addentra nella sfera dell’oratorio, se la nostra persona si eleva al di sopra dello stato vegetativo e animale, dove è sospinta dalla brama di false sicurezze. La nostra patria non è di questa terra; la nostra nazionalità rientra nella sfera della creazione voluta da D-i-o. I confini politici segnano i limiti della nostra agitata inquietudine. Nella Chiesa impariamo a divenire capacitas Dei. Seguendo l’esempio rassicurante di Maria, siamo pronti ad accogliere Colui che l’universo intero non è in grado di ospitare. La vita si espande nel giardino della preghiera, anche nelle chiese e negli oratori, ma principalmente nel nostro cuore.
           Nel cammino quaresimale possiamo verificare l’uso quotidiano che facciamo della vista e dell’udito. A ogni passo progrediamo nell’esperienza sotto il motto mirabile commercium, lo scambio tra la povertà creaturale e la ricchezza del Creatore; tra il bello incantevole e la bruttezza disgustosa; tra la menzogna vigliacca e la verità magnanima; tra la debolezza che si sgretola e la forza che cementa; tra il torbido delle sabbie mobili e la trasparenza che permette di individuare i punti fermi su cui posare il piede per scattare verso la mèta pasquale.
           In questa economia di salvezza si evidenzia la gerarchia dei valori, viene offerta la possibilità di fare le scelte giuste. Ad esempio, quali energie rivitalizzare nella vista e nell’udito. A cominciare dal guardare persone, accadimenti e altro ancora oppure rinunciare a guardare il fatuo ingannevole per essere finalmente in grado di vedere la realtà. E ancora, a livello dell’udito: fare nette distinzioni per non soccombere sotto il mulinello di chiacchiere insulse, condite spesso da estratti di menzogna. Importante non è sentire in modo vago e irresponsabile; ciò che conta è ascoltare con il pieno coinvolgimento di tutta la persona.
Il che significa: aderire alla Parola del Vangelo, vivere in Cristo per rimanere nella comunione che ci unisce a Lui e a tutti quanti ne sono l’icona tangibile. Un’icona vivente che irradia luce e che a volte, iniziando proprio da noi stessi, ha bisogno di essere pulita e restaurata.
         Quindi: ascoltare con l’orecchio di D-i-o e percepire il vero. Essere attenti, avvertire ogni segnale acustico che indica una presenza. Accogliere i suoni captati nel sussurro, afferrare una parola e ricomporre una frase. Ospitare nel proprio cuore e nell’intelletto la sinfonia cantata dalle vite intorno a noi. Sino a scoprirne la traccia nel balbettio, nel silenzio, nel TU che viene rivolto a noi e che noi rivolgiamo a Cristo mentre in Lui condividiamo la nostra esistenza con gli altri
Quindi: non stancarci di guardare, fino a vedere con l’occhio di D-i-o, fino a captare e vibrare sotto i raggi del bello: indagare fissare vedere amare comprendere vivere... Nell’accogliere l’altro, sino ad assorbirne la dimensione più nobile, la scintilla divina ricevuta sin dal concepimento, ancor prima di vedere la luce...
                                                                                                                                                                                                                                                                 
Inclina, Deus meus, aurem tuam,
et audi.
Aperi oculos tuos,
et vide tribulationem nostram.
Le due recensioni dell’introito Oculi mei – quella romana e quella romano-franca - esprimono due differenti modalità di presentare un’unica matrice melodica. Il canto gregoriano si sviluppa in tetrardus autentico (VII modo, sol) e scorre insistendo sulla corda di recita ampliata del nucleo acuto re-mi-re-do. Nella melodia romana ampi segmenti sono sorretti da una seconda tuba ampliata la-si-do-si-la. Interessante – nell’esecuzione romana – è il diabolus in musica nel passaggio tra pauper/sum. Nel gregoriano su pauper sono possibili il si bemolle oppure bequadro.                                         

Bruder Jakob
Torna ai contenuti